La chiusura del servizio di medicina nucleare, che offriva 2000 prestazioni all’anno, avrà pesanti ripercussioni su molti altri servizi ospedalieri, quali chirurgia, medicina, ortopedia, nefrologia, oncologia. Questo perché non si è voluto acquistare un nuovo macchinario che permette la preparazione dei radiofarmaci in sicurezza, e che avrebbe potuto essere tranquillamente trasferito in un secondo momento nel nuovo ospedale. Il servizio di medicina nucleare, infatti, era ancora “provvisoriamente” ospitato in via Vittorio Veneto: non si era trovato lo spazio per portarlo nell’angusto San Giovanni di Dio. Tempo fa avevamo manifestato il timore che la Regione volesse eliminare il problema degli spazi nel nuovo ospedale semplicemente eliminando i servizi. La chiusura di medicina nucleare ne è la riprova: si tratta di un tassello decisivo nell’opera di smontaggio della sanità isontina a favore di Trieste, che la Regione sta portando avanti in modo scientifico ormai da anni, mentre Romoli, incredibilmente, pare occuparsi solo del punto nascita.
Il direttore generale afferma che si tratta solo di una sospensione temporanea del servizio, in attesa delle necessarie opere di adeguamento. Ma perché non si è provveduto prima ad eseguirle, dato che da più di un anno si sa che una nuova proroga dell’obbligo di acquisto del nuovo macchinario sarebbe stata del tutto improbabile? Noi pensiamo invece che la chiusura sarà definitiva, e che il necessario adeguamento del macchinario servirà solo come scusa per eseguire la volontà della Regione di smantellare il servizio a Gorizia. Ci piacerebbe essere smentiti, ma non crediamo che ciò accadrà.
Ricordiamo che, a causa del mancato trasferimento del reparto nel nuovo ospedale, gli esami di medicina nucleare per cui è prevista la presenza del cardiologo non venivano più svolti a Gorizia, ma a Trieste. Tanti sono i reparti che hanno bisogno di questo tipo di diagnosi per svolgere un servizio di qualità. Per fare solo un esempio: senza medicina nucleare è impossibile eseguire in loco l’esame del linfonodo sentinella, fondamentale per gli interventi chirurgici in caso di tumore al seno, che nel nostro ospedale sono circa un centinaio all’anno, grazie ad operatori qualificati e ad una scelta strategica, che aveva individuato a Gorizia la sede per questo tipo di interventi. Senza la possibilità di eseguire l’esame, saranno i pazienti stessi a scegliere di andare ad operarsi altrove, il che ridurrà la statistica degli interventi e quindi la qualificazione dei nostri operatori, in un circolo vizioso che aumenterà il disagio per i cittadini isontini. È solo un esempio del pesante impoverimento che sarà provocato dalla chiusura di questo cruciale servizio.
Giuseppe Cingolani, segretario del Partito Democratico di Gorizia