di Adriana Fasiolo
Nuove risorse La pandemia, per le enormi difficoltà che si sono dovute affrontare, ha fatto emergere i limiti organizzativi e di cura del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) e ha evidenziato la necessità di dare il via a una riforma che dia garanzie sia al personale sanitario per poter operare in una condizione di adeguata organizzazione e sia ai cittadini, per trovare nel SSN la risposta alle proprie esigenze di salute. Siamo di fronte a un “tempo nuovo, un tempo senza precedenti “come lo ha definito di recente il Ministro Speranza, sia per le nuove risorse oggi disponibili, sia per la necessità di creare finalmente modelli organizzativi che rispondano al bisogno di tutti. Garantire molte più risorse al SSN e investire sul personale rappresentano una nuova sfida. Abbiamo sempre sentito parlare di TAGLI in Sanità. Oggi sentiamo parlare per la prima volta di INVESTIMENTI. E’ un enorme cambio di stagione, dove nuove risorse e riforme coraggiose devono andare di pari passo. Da investimenti per due miliardi di euro del 2019, si è passati ai dieci miliardi del 2020 e ai venti miliardi nel 2021.
Quattro miliardi di euro per l’assistenza domiciliare. Un cambio di paradigma che finalmente trova concretizzazione in grandi investimenti nella Sanità da decenni auspicati. Il principio di fondo previsto dall’art.32 della nostra Costituzione, ovvero l’universalità e l’equità delle cure sanitarie che dà diritto alla cura a ogni cittadino oggi può essere valorizzato attraverso nuove scelte e nuovi orizzonti organizzativi. Negli ultimi decenni i servizi territoriali e la medicina generale si sono trovati in una profonda crisi. E’ mancato l’investimento adeguato per rinnovare la medicina del territorio con strumenti, personale, tecnologie che siano al passo con i tempi. Quanto previsto dal Contratto nazionale della medicina generale e dalla riforma Bindi del 1999 ( L. 229) è stato attuato in modo monco, senza prevedere quelle risorse che dessero ai servizi del territorio (medicina generale, pediatria, specialistica ambulatoriale, assistenza domiciliare, dipartimento di salute mentale, consultori, dipendenze, prevenzione) le innovazioni necessarie a rispondere ai bisogni crescenti ed emergenti della popolazione. Non è solo attraverso la tecnologia ospedaliera che si produce salute, ma anche attraverso la prevenzione e la cura delle malattie croniche.
Case di Comunità. Come noto, la tutela della salute è materia di legislazione concorrente, come sancito dal titolo V della Costituzione, e pertanto è la Regione a dettare le regole rispetto agli investimenti e alla organizzazione della Sanità in ogni Regione. La Conferenza Stato Regioni, di cui attualmente è Presidente Fedriga, rappresenta la principale sede di confronto, di coordinamento e di indirizzo tra lo Stato e le Regioni. In rapporto al Piano di investimenti del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR) è stata pubblicata una bozza di riorganizzazione del territorio da parte della Conferenza Stato Regioni che prevede la istituzione delle Case di Comunità, come peraltro indicato nella cornice organizzativa del PNRR, ma che rischia pericolosamente di escludere dalla neo organizzazione dell’assistenza territoriale il concetto di “prossimità” e” capillarità”. Il nostro paese è caratterizzato dalla presenza di studi medici sul territorio ubicati ovunque, nei paesi, nei rioni, nelle frazioni, oltre che nel centro città: 60.000 gli studi medici sul territorio italiano.
La previsione di istituire le Case di comunità ogni 50.000 abitanti circa, 1.288 (26 in Friuli VG), senza garanzia di mantenimento della presenza degli studi periferici dei medici di famiglia, rischia di centralizzare l’assistenza determinando un vuoto assistenziale “periferico”, compromettendo la capillarità e la prossimità degli studi.
Il rischio di centralizzare l’assistenza. Come si può rispondere al bisogno del cittadino depauperando i presidi sanitari rappresentati dagli studi dei Medici di Medicina Generale (MMG) capillarmente distribuiti sul territorio? Questa domanda i Sindaci dovrebbero porla ai Presidenti delle Regioni, perché è da questi ultimi che nasce la proposta di un pericoloso accentramento assistenziale. I MMG accolgono con favore la necessità di rinnovo del sistema, ma propongono il mantenimento della capillarità, a favore dell’assistenza del cittadino più fragile. I MMG indicano un’organizzazione che preveda l’integrazione funzionale della Casa di Comunità (CdC) con gli studi periferici organizzati in microteam (MMG, infermiere, personale amministrativo, fisioterapisti etc) a garanzia del rapporto fiduciario tra assistito e MMG.
Mantenere la capillarità e la prossimità L’assistenza verrebbe erogata comunque nello studio vicino al cittadino o al domicilio attraverso i servizi offerti da un territorio organizzato in cui la Casa di Comunità rappresenterebbe il Presidio strutturale di riferimento. Se non si concepisce il riordino dell’assistenza territoriale dal punto di vista funzionale con garanzia di mantenimento della capillarità e della prossimità della stessa, si rischia di investire nella costruzione di mega edifici “Case di Comunità” senza rispondere al reale bisogno del cittadino, specie di quello più fragile.
Il ministro Speranza alcuni giorni fa al Congresso Nazionale della FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) svoltosi a Cagliari in ottobre ha sostenuto questa proposta. Sta alle Regioni accoglierla. Il Presidente Fedriga, pur invitato, non è intervenuto. Questa sarà la nuova sfida: orientare le risorse secondo i reali bisogni e dare al ” nuovo tempo “ una vera svolta per una Cura equa e solidale.